Chi e perche
Am-Arcord

Via Roncalceci 173 Filetto (Ravenne) 48100 Italy
Tel. - Cel. 339 - 3468080

Orari
Da LUN a DOM dalle 19.00 alle 3.00. DOM e FEST. anche dalle 12.30 alle 16.00. MER giorno di chiusura.
Quasi sempre!

Perché l'

Am-Arcord (l'ustarì ad Pachina)

Il caso, la possibilità, l’inventiva, il legame con la propria terra...
Non esiste un motivo particolare che abbia dato inizio all’idea dell’Am Arcord (l’ustarì ad Pachina), ma lo si può identificare nell’insieme delle esperienze vissute, delle passioni, e forse, nella voglia e nel piacere di creare un qualcosa che potesse permettere di condividere e scambiare, con chi ne avesse l’intenzione, idee e differenti punti di vista su ciò che ci circonda. Questo, unito al particolare interesse del proprietario, nonché gestore, per la cultura e le tradizioni Romagnole, ha portato allo sviluppo di un locale dove poter dare a tutti la possibilità di viverle, conoscerle, o semplicemente ricordarle, partendo da una base comune in Italia: la cucina.

Proprio partendo da questa base si è cercato di estendere il concetto di “alimentarsi”, da una semplice necessità fisiologica, ad un momento di accrescimento personale dove la compagnia e l’ambiente circostante “mantecati” con il cibo, danno la possibilità, a chi lo desidera, di dialogare, confrontarsi, ed appunto, arricchirsi di quel punto di vista differente, di quell’informazione particolare, che forse non cambia la vita, ma comunque lascia qualcosa in più in noi stessi.
Ed è sempre la “cucina” nelle sue mille sfaccettature che ha spinto l’ideatore ad impostarla verso una riscoperta delle ricette “storiche”, e che ha condizionato anche la tipologia di locale che col tempo si è venuta a delineare. Infatti se le origini dell’Am Arcord (l’ustarì ad Pachina) sono legate ad un insieme di fattori quasi astratti, l’idea di come impostarlo e svilupparlo è quasi subito stata ben chiara e dettata da reali e concrete opinioni personali in materia.
Prima fra tutte è quella di creare una “finestra” aperta sulle tradizioni Romagnole storicamente documentate per districarsi in quella che ormai è diventata una babele di “tradizioni” fondata su adattamenti e rivisitazioni in parte dettate da necessità della vita quotidiana, ed imparte da fraudolenti rivisitazioni a mero scopo commerciale e lucrativo. Così facendo si cerca di offrire un valido punto fermo che permetta di riscoprire, e perché no anche di imparare a riconoscere quali sono le tradizioni “originali” con le loro storiche piccole differenze legate ai territori di origine, da quelle elevate al rango di tradizioni solo per moda o per abitudine.
Oltre a questo vi è anche una considerazione che proviene da “anni non sospetti” molto antecedenti all’arrivo dell’Am Arcord, quando si era notato con sommo rammarico, fisico e mentale, che molti cuochi (anche famosi, blasonati e corteggiati dalle trasmissioni televisive) usavano le ricette tradizionali in generale come basi per “creare”, a dire loro, ricette originali e attualizzate. L’esito, al contrario, era spesso quello di irretire, attraverso nomi altisonanti e commercialmente accattivanti, ignari ed inesperti consumatori ai quali veniva spacciata per “cucina creativa” un’accozzaglia di sapori attraverso pietanze mal cotte e ingredienti che di tradizionale non avevano nulla o quasi.
A riprova di quanto appena detto, basti andare in molti ristoranti e chiedere una “grigliata mista”. Questa, il più delle volte, viene servita con i tagli di carne ancora crudi, in quanto mode relativamente recenti appoggiate e spalleggiate da inesperti consumatori ai quali è stato fatto credere che fosse “giusto così”, hanno reso questo una “tradizione”, quando al contrario è una pratica della cucina per velocizzare le uscite delle pietanze. L’unico taglio di carne che storicamente prevede una cottura meno prolungata è la Fiorentina ed il Filetto di manzo, tutti gli altri tagli: dalla costa di maiale alla salsiccia, dal castrato alle braciole passando per la pancetta storicamente devono essere cotti, non bruciati o secchi, ma non si deve vedere il rosa della carne al sangue, ed è il cliente che, secondo i propri gusti, eventualmente deve chiedere di cucinarle un po’ meno. Quanto detto poc’anzi non è estrapolato da chissà quali assurdi manuali di cucina o ricettari, ma molto semplicemente dal fatto che fino a non molto tempo fa la buona cottura dei cibi era l’unico modo per purificarli da eventuali infezioni dell’animale, e quindi tradizionalmente tutte le carni ed in particolar modo quelle ovine e suine erano sempre ben cotte.

Oltre a questo vi è anche una considerazione che proviene da “anni non sospetti” molto antecedenti all’arrivo dell’Am Arcord, quando si era notato con sommo rammarico, fisico e mentale, che molti cuochi (anche famosi, blasonati e corteggiati dalle trasmissioni televisive) usavano le ricette tradizionali in generale come basi per “creare”, a dire loro, ricette originali e attualizzate. L’esito, al contrario, era spesso quello di irretire, attraverso nomi altisonanti e commercialmente accattivanti, ignari ed inesperti consumatori ai quali veniva spacciata per “cucina creativa” un’accozzaglia di sapori attraverso pietanze mal cotte e [….] A riprova di quanto appena detto, basti andare in molti ristoranti e chiedere una “grigliata mista”. Questa, il più delle volte, viene servita con i tagli di carne ancora crudi, in quanto mode relativamente recenti appoggiate e spalleggiate da inesperti consumatori ai quali è stato fatto credere che fosse “giusto così”, hanno reso questo una “tradizione”, quando al contrario è una pratica della cucina per velocizzare le uscite delle pietanze. L’unico taglio di carne che storicamente prevede una cottura meno prolungata è la Fiorentina ed il Filetto di manzo, tutti gli altri tagli: dalla costa di maiale alla salsiccia, dal castrato alle braciole passando per la pancetta storicamente devono essere cotti, non bruciati o secchi, ma non si deve vedere il rosa della carne al sangue, ed è il cliente che, secondo i propri gusti, eventualmente deve chiedere di cucinarle un po’ meno. Quanto detto poc’anzi non è estrapolato da chissà quali assurdi manuali di cucina o ricettari, ma molto semplicemente dal fatto che fino a non molto tempo fa la buona cottura dei cibi era l’unico modo per purificarli da eventuali infezioni dell’animale, e quindi tradizionalmente tutte le carni ed in particolar modo quelle ovine e suine erano sempre ben cotte.

Il nome “Am Arcord” vuole essere una sintesi di quanto detto fino ad ora, poiché in dialetto Romagnolo significa: am = io mi, arcord = ricordo. Il concetto espresso dal nome, è stato volutamente rafforzato dall’aggiunta di quello che in letteratura viene chiamato sottotitolo che è: “l’ustarì ad Pachina” che tradotto significa “l’osteria di Pachina”. Infatti nello stesso posto dove ora è situato il locale, una volta vi era l’osteria del paese gestita dal signor Domenico Camerani soprannominato appunto Pachìna. Quindi già dal nome abbiamo voluto sottolineare quello che non è identificabile solo come un “ricordare il passato”, ma anche uno stretto legame con il territorio, la sua gente e quindi con le ricche tradizioni che lo contraddistinguono.

Per questo insieme di considerazioni si è cercato un modo di distinguersi da altre realtà dove servire cappelletti, squacquerone, carne ai ferri, ciambella e Sangiovese vuol dire proporre cucina Romagnola. Noi non vogliamo limitarci a questo. Noi vogliamo allargare il concetto di “locale tipico” per questo ci prefiggiamo di

“Servire la Romagna a tavola”
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Chi è l'Oste

È il signor Edgardo che ha ideato, voluto, ed ora dirige, il locale Am Arcord (l’ustarì ad Pachina)! “Nato a Filetto, si è fatto bello a Ravenna, ed è ritornato a mantenersi bello a Filetto”. E’ sempre rimasto legato al paese natale, tanto da cercare di mantenere il più possibile le amicizie, ed i contatti con parenti ed amici che risiedono ancora nella zona.

Personaggio che si potrebbe definire eclettico e fuori dalle righe, non si è mai stancato di cercare nuove esperienze e con esse nuove conoscenze, ed ha condotto, e purtroppo (vista l’età) conduce ancora, una vita molto movimenta, che gli fornisce sempre nuovi stimoli, e spunti di riflessione dai quali non sa tirarsi indietro. Nell’inseguire questa “necessità di conoscenza” e nonostante la sua attività al tempo riguardasse tutt’altro ramo, già molti anni fa, imparò l’arte del “Norcino” per conoscere, macellare e conciare le carni suine, imparò le tecniche di conservazione dei cibi come frutti sciroppati, giardiniere e similari, e per meglio comprendere quello che per lui era diventata una “orrenda pozione” fatta di aditivi chimici, alcol, zuccheri e un po’ di vino, seguì il corso per sommelier così da poter tornare a bere, grazie ad una adeguata scelta qualitativa, il “nettare degli dei”, e all’occasione acquisì le capacità per produrselo.

Di una cosa è sempre andato fiero, un po’ per sano campanilismo territoriale, un po’ per esperienze vissute: di essere, nel bene e nel male, un Romagnolo. Questa sua orgogliosa appartenenza gli ha dato l’occasione di ricercare e di approfondire le sue conoscenze in merito alla Romagna sia come territorio, sia come tradizione, cultura e cucina. Se vogliamo dare un inizio a questa realtà che possiamo chiamare Am Arcord (l’usterì ad Pachina) forse è proprio questo, il vedere, capire come era e come si sta trasformando la Romagna e i Romagnoli, ma soprattutto, cercare di far conoscere, e trasmettere quelle tradizioni che, al giorno d'oggi andrebbero perdute, contraddistinguono il particolare carattere della Romagna.